lunedì 26 gennaio 2015

È l’Italia impegnata che si ritrova in questa sottoscrizione


È l’Italia impegnata che si sta ritrovando in questa sottoscrizione che avanza senza soldi e nel più assoluto silenzio mediatico.
C’è un bel pezzo pregiato del giornalismo antimafia: Antimafia Duemila, Stampoantimafioso, Miki Gambino e Riccardo Orioles, colonne dei “Siciliani” di Giuseppe Fava, Gianni Barbacetto e Mario Portanova del “Fatto” e Giampiero Rossi del “Corriere”, Barbara Sorrentini di “RadioPopolare” e Rino Giacalone, free lance siciliano portato in tribunale dai boss trapanesi, e Marika Demaria di “Narcomafie”. O Raffaele Sardo, giornalista anticamorra che Saviano ha indicato pubblicamente tra i sui maestri. 


E altri giornalisti come Rossella Minotti del “Giorno” o Laura Maragnani di “Panorama” o Matteo Speroni del “Corriere”. Ci sono imprenditori di fama nazionale, e noti anche per la loro intransigenza etica, come Marco Vitale, Gianna Martinengo e Linda Gilli
C’è Lillo Garlisi. Con loro la presidente nazionale della federazione trasporti della Cna, Cinzia Franchini, la coraggiosa imprenditrice più volte minacciata dalla mafia degli autotrasporti. 

Ci sono più generazioni di preti in primissima fila, da don Aldo Benevelli, mito della Resistenza nel cuneese, a don Pino De Masi, argine alle cosche in Calabria. C’è la campionessa mondiale di nuoto Novella Calligaris e l’avvocato per antonomasia  dei migranti di Lampedusa Alessandra Ballerini.

C'è Giuliano Turone e ci sono i professori universitari dell’antimafia, da Maurizio Catino della Bicocca di Milano a Stefania Pellegrini di Bologna, da Mariele Merlati a Ombretta Ingrascì a Christian Ponti della Statale di Milano. 

Ci sono gli attori dei monologhi teatrali antimafia Beatrice Luzzi, Fabrizio Matteini e Massimo de Vita. C'è la ex senatrice e sottosegretaria alla Famiglia Chiara Acciarini. Intellettuali come Giorgio Galli, Fulvio Scaparro e Margherita Rubino o Simonetta Lagorio

C’è il coraggioso imprenditore che da anni lotta contro gli attentati della ‘ndrangheta di Reggio, Tiberio Bentivoglio. Ci sono la fondazione e la famiglia di Marcello Torre, il sindaco di Pagani ucciso dalla camorra nel 1980. E Placido Rizzotto, il nipote del grande sindacalista ucciso dalla mafia di Luciano Liggio. 

E funzionari pubblici, insegnanti, presidi, operatori sociali, consiglieri comunali, tra cui il capogruppo del Pd a Milano, Lamberto Bertolé, e Rosario Pa

ntaleo. E amministratori locali, da Roberta Miotto, assessore a Seveso, a Marina Zopegni, assessore a Chieri. E coordinatori regionali di Libera o esponenti di altre associazioni antimafia, come Jole Garuti, presidente di Saveria Antiochia-Omicron, o Pierpaolo Farina, l’ideatore di WikiMafia. O il presidente del movimento “Vivere con lentezza” Bruno Contigiani. O le fondatrici di “democraziakmzero”, associazione marchigiana tra le più vivaci e combattive.

E c’è, soprattutto, un incredibile mondo di laureati e studenti del candidato, un migliaio, che si sono fatti vivi da ogni continente e che sono forse la vera e preziosissima cifra di questa sottoscrizione. È questa la fotografia della società - società civile vera, non “star-system” - che sostiene oggi la candidatura di Nando dalla Chiesa a presidente della Repubblica, in nome dei valori di legalità in cui si riconosce.

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